venerdì 8 aprile 2011

Alessia - Le esperienze ti cambiano...


Di cosa si parla:

1. Ciao Alessia. Lasciare l'Italia per l'Inghilterra:  come ci sei arrivata?     
Ciao ragazzi... Beh il percorso non era premeditato. Ho seguito curiosità e voglia di crescere. Dopo le scuole superiori era stato lo stesso, avevo voglia di indipendenza, di scoperta e questo mi aveva portato a Perugia per gli studi universitari. Lì sono stata per 6-7 anni circa e già quell'esperienza mi ha sicuramente aiutato molto. Rapportarsi ad un contesto nuovo, da soli... Ci rende più forti, flessibili ed inevitabilmente più maturi. Ho studiato scienze della comunicazione, ho sempre sperato di fare un'esperienza lavorativa in un paese anglosassone in cui la cultura della comunicazione e' tendenzialmente più radicata che da noi e quando, dopo la laurea specialistica, ho toccato con mano l'aridità del mercato del lavoro italiano... Ho colto la palla al balzo e sono partita. Intuivo che un'esperienza all'estero avrebbe potuto darmi molto, moltissimo.

2. Cosa ha significato per te il tuo luogo di Nascita, la tua città, la tua terra? ti hanno segnata e accompagnata in qualche modo lungo la tua "avventura"?
La mia terra è tutt'oggi parte di quello che sono, nonostante io abbia lasciato casa a 18anni. Non credo potrebbe essere diversamente. Io sono molto legata a casa mia, ai miei affetti, ai miei amici. Sono sempre contenta di ritornare. Credo che per chiunque sia importante la propria storia, ma in particolar modo crescere al sud sensibilizza rispetto a tante questioni di carattere sociale ma anche professionale. 
Detto questo per me partire è stato un impulso, non so dire perché e ammetto che ogni posto in cui sono stata mi ha dato qualcosa di nuovo, mi ha insegnato e soprattutto ha tirato fuori qualcosa di me che non sapevo di avere.

3. Secondo te cosa differenzia maggiormente gli italiani dagli abitanti inglesi?
Domanda da 1.000.000 di dollari! Abbiamo culture differenti, secondo lo stereotipo loro sono più discreti e noi più rumorosi, loro più metodici e noi più creativi... Io sinceramente credo che l'unica cosa che sia davvero differente è forse il mondo in cui è organizzata la comunità, le consuetudini sociali, non tanto le persone. e poi londra è un caso a parte... Per ogni inglese che conosci, conosci anche un francese, un italiano e uno spagnolo (e sono rimasta in europa!). Quindi si tratta di una società multietnica e spesso multiculturale, soprattutto in ambito lavorativo. Forse questo differenzia davvero Londra dalle grandi città italiane come Roma o Milano.

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
Io sinceramente consiglierei a tutti di partire e poi magari di tornare!! Ma ora ci provo:

Vai perché mettere il naso fuori dal proprio recinto è di certo un'opportunità personale. Il confronto con il resto aiuta a migliorare anche il proprio piccolo giardinetto. 
Un motivo per restare? la scrippella la fanno solo a Mondragone! Non illuderti di poterla trovare da qualche altra parte nel mondo (Mondragone è il paese in provincia di Caserta da cui provengo e la scrippella un dolce tipico).


5. Qual è stata la scelta più difficile che hai dovuto intraprendere? probabilmente l'ultima....resto a londra o torno in italia?
Mai stata cosi' indecisa nella mia vita rispetto a qualcosa. Quando hai sul piatto una scelta di vita è sempre difficile, sono veramente tantissime le varabili da considerare e alle volte neanche bastano a rendere la scelta più semplice. Non ero partita per rimanere, ma solo per fare un'esperienza eppure dopo un anno e mezzo a Londra, avevo superato la fase peggiore, quella dell'inizio, superato il fattore "lingua" (che e' la cosa più frustrante), avevo trovato un lavoro che mi piaceva e amici veri (pochi ma veri). Avevo iniziato ad esprimermi come persona e sentivo che questo creava possibilita' intorno. Scegliere di tornare non è stato semplice. Eppure ora sono estremamente serena e rilassata. Contenta di essere a Milano. Ci sono ancora tanti Km da qui a casa, ma almeno non ho la manica!

6. Vorresti raccontarci qualche aneddoto o particolare esperienza che ti ha in qualche modo segnato.
Non mi vengono in mente aneddoti al momento, ma sicuramente una cosa che mi ha segnato è il fatto di essermi scontrata con una lingua nuova. All'inizio non è semplice per niente, comunichi, ma non ti esprimi, "non sei tu!". Costruire discorsi, esprimersi non è mai stata un'urgenza così forte come in quel periodo. Delle volte l'unica possibilità è risultare ridicoli confrontandosi con persone che non comprendono lo sforzo che si sta facendo.
Allo stesso modo quando il mio inglese è maturato permettendomi di costruire rapporti personali e sinceri, mi ha riempito di forza. E' assurdo quanto ci si possa sentire forti quando si può comunicare con persone di nazionalità diverse. E' stata una grandissima scoperta, ed é una ricchezza che provo a conservare.
7. Tirando le somme: sei soddisfatta o pentita delle tue scelte?
Assolutamente si. Nonostate le tante difficoltà, le paure, la nostalgia alle volte. Sono certa che non sarei la persona che sono oggi se avessi fatto un percorso diverso. Le esperienze ti cambiano e la mia vita a Londra mi ha reso molto più grande, pronta, serena per non parlare della voglia di viaggiare alla scoperta di posti nuovi che mi è rimasta!

Il blog di Alessia: imieiocchisulmondo.blogspot.com .

martedì 1 febbraio 2011

Gabriele - Vi faccio sognare ma non troppo...

Qui si parla di:

1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa fai attualmente?
Mi chiamo Gabriele Lo Piccolo ho 29 anni fiero di essere nato a Palermo. Mi occupo di ufficio stampa musicale,promozione radio-televisiva e pubblicità.

2. Quale fu il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui prendesti la decisione di partire?
Il motivo della mia partenza è legato ad un puro caso. Nel settembre del 1999 ho fatto i test per entrare alla Facoltà di Scienze della Comunicazione di Palermo. Naturalmente non sono passato (2000 partecipanti per 150 posti). Mi sono iscritto comunque come “ricorsi sta”. Ho dato della materie sperando in un esito positivo del ricorso al TAR. Invece quell’anno il TAR ha deciso di cambiare rotta rispetto gli altri anni non ha accettato il ricorso mio e di altri studenti, pur avendoli sempre accolti fino a quell’anno, così mi sono ritrovato senza una Facoltà. Era il dicembre del 2000, non si ci poteva più iscrivere a Facoltà che prevedevano un test di ingresso (anche se solo psicoattitudinale, dunque senza numero chiuso) e le uniche “libere” erano le Facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma e Perugia. Ho scelto Perugia ed è stata la miglior scelta della mia vita.

3. Sappiamo che sei andato via per studiare, sappiamo che hai lavorato fuori dalla tua città. Lasciaci sognare: cosa ti ha spinto a tornare?
Vi faccio sognare ma non troppo: io credo che sia giusto, anzi quasi “obbligatorio” fare un’esperienza fuori da Palermo, per capire come gira il mondo fuori dalla Trinacria. È importante. Ma in Italia tutto il mondo è Paese, fuori non è tutto oro quello che luccica. Sono tornato perché credo in Palermo (le possibilità ci sono, è comunque la quinta città più grande d’Italia), amo Palermo, e intraprendere una carriera a Milano senza aver mai provato una “via palermitana” per me sarebbe stato un rimpianto impossibile da mandar giù. Dopo l’esperienza professionale accumulata, mi sono detto: devo tornare a Palermo e provarci, “come va si cunta”. Fossi nato ad Enna magari non sarei tornato, con tutto il rispetto dovuto.

4. Qual è stata la scelta più difficile che hai dovuto intraprendere?
Assolutamente quella di tornare: intraprendere una carriera a Milano con tutto quello che comportava o provare a fare il libero professionista a Palermo…con tutti i problemi che comportava. Ho scelto la seconda via.

5. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
Credo di aver già risposto. Bisogna comunque fare esperienza. A chi mi chiede, dico sempre che andare fuori fa bene. Ma aggiungo che si deve sempre tenere in considerazione di tornare, perché Palermo attraversa sì un brutto periodo, ma come tutti i periodi storici credo che finirà e ci sarà tempo per il Risorgimento palermitano, almeno questa è la mia speranza.

6. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?
Assolutamente l’amministrazione pubblica. Pochi numeri che rubo da un servizio ascoltato durante un TG poco tempo fa: in Lombardia ci sono 30 mila dipendenti e in Sicilia 80 mila. Un cittadino lombardo spende all’anno 40 euro per l’amministrazione pubblica, in Sicilia 320 euro. Fate voi.

7. Ci sono tanti giovani che ogni giorno lasciano il proprio paese, la loro città, la loro casa con la speranza un giorno di ritornarci; cosa gli consiglieresti?
Di fare tutto anche in previsione di un’eventuale ritorno, ma non pensare solo a quello. Non è sempre replicabile quello che si fa fuori con quello che offre la propria città. Magari la strada che si è scelto è praticabile solo fuori la Sicilia o addirittura l’Italia (penso ai ricercatori e non solo). Dico solo di stare con un orecchio a quello che succede e se si presenta una possibilità concreta, perché non tornare. Magari si guadagna qual cosina in meno, magari si hanno meno soddisfazioni professionali (parlo a livello di riconoscimenti), ma si acquista in salute e credo in qualità di vita. Sarò banale: ma fare pausa pranzo il 15 dicembre a Mondello con il sole alto e 20 gradi ha un suo piccolo valore.

8. Vorresti raccontarci qualche aneddoto o particolare esperienza che ti ha in qualche modo segnato.
Sicuramente l’esperienza universitaria a Perugia, in cui ho studiato e lavorato (come fanno tanti ragazzi) quasi per tutti e 5 anni. Ti aiuta a responsabilizzarti, ad organizzarti, a farti crescere sotto tutti i punti di vista. E poi Milano: li ho beccato un capo da film, ma ci vorrebbe un libro per raccontarlo. Questi ultimi anni mi hanno segnato e tanto.


mercoledì 26 gennaio 2011

Tommaso - Combatti per restarci

Qui si parla di:


1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa studi attualmente?
Tommaso; 21; Milazzo; Scienze e tecnologie agrarie, università di Catania

2. Qual è stato il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui hai preso la decisione di partire? 
Questo corso di laurea non c'era nella mia provincia e mi toccava scegliere tra Catania Palermo o Reggio (qui al sud)...
ho scelto catania perchè conoscevo ragazzi milazzesi che studiavano là... e si sa, quando si sta tra conterranei è sempre meglio....

3. Ti è stato facile integrarti con una realtà in qualche modo differente? La difficoltà più grossa che hai trovato?
Si, mi sono integrato subito, anche perchè non ero molto distante da casa.... e poi sempre in SICILIA SUGNU!!
la difficoltà più grossa?? non avere la famiglia intorno...

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
Combatti per restarci; lasciala se è davvero necessario....

5. Il tuo luogo d’origine è stato motivo di discriminazione o vantaggio?
Nessuna discriminazione...

6. Che lingua (o dialetto) vorresti che tuo figlio parlasse?
Le lingue sono importanti.. e purtroppo oggigiorno non basta nemmeno l'inglese -.-'... comunque 'U SICILIANU ME FIGGHIU L'AVI A SAPIRI!!

7. Ogni quanto tempo torni a casa? Scegli il treno, l'aereo o cos'altro?
Di solito ogni 2 settimane... ma capita che resto fuori anche un mese

8. Finiti gli studi pensi di ritornare nella tua città?
Lo spero...

9. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?
La mentalità chiusa della gente... la collaborazione ci potrebbe cambiare...

10. Primo approccio con i tuoi colleghi universitari. In confronto ad essi come ti è sembrata la tua preparazione?
Abbastanza buona, visto che venivo da un liceo, perchè quasi tutti i miei colleghi provengono da istituti a indirizzo agrario...

11. In quanto tempo pensi di trovar lavoro una volta terminati gli studi?
Quasi subito perchè di agronomi specializzati nella mia città ce ne sono pochi...

12. Qual è il tuo parere in merito alla lettera del direttore della Luiss Carli scritta al proprio figlio? Hai intenzione di avere un esperienza all'estero nel corso della tua carriera da studente?
Beh, se anche una persona con il cognome Luiss, dice a suo figlio di farsi le valigie e andare all'estero, vuol dire che in questa Italia è rimasto ben poco di buono...
L'esperienza all'estero spero di farla già da laureato, lo studio preferisco finirlo qua...




venerdì 21 gennaio 2011

Davide - Per esser cittadino del mondo è condizione il conoscerlo

Qui si parla di:

1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa studi attualmente?
Davide; venti; Filosofia.

2. Qual è stato il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui hai preso la decisione di partire? 
a. In un primo momento l’idealizzazione dell’Alta Italia, ai miei occhi un trampolino per l’Europa. Ero affascinato dal primato civico delle città settentrionali e dalle numerose occasioni di crescita culturale (mostre, conferenze, concerti, ecc.) che mancavano alla mia provincia, o che —aggiungo oggi— io superbamente non volevo vedere. 
b. È un’idea che ho covato lungo tutta l’esperienza liceale. Certo, solo al quinto anno ho saputo scegliere la città, ma doveva rispondere a canoni precisi: illustre ma non troppo estesa, suggestiva, vivibile, ovviamente centrosettentrionale. Dapprima fu Urbino, attratto com’ero dalle lezioni del professor Losurdo. Ora, dopo alterne vicende, mi sono trasferito stabilmente a Pisa.

3. Ti è stato facile integrarti con una realtà in qualche modo differente? La difficoltà più grossa che hai trovato?
a. Non parlerei di grandi differenze, ma dopotutto io ho lasciato una città piccola per un’altra città piccola (giusto un po’ piú in alto nella carta geografica). Scherzi a parte, nessuno degli svantaggi del «borgo natío» con tutti i vantaggi che aveva, piú diversi altri.
b. Le difficoltà piú grosse le ho avute nella parentesi catanese. Una volta, confrontando Pisa e Catania ho concluso: «Qui ho trovato la civiltà». Al che il mio amico viterbese ha risposto: «No, qui hai trovato la normalità!»

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
a. Sprovincialízzati —gli direi: per esser cittadino del mondo è condizione il conoscerlo.
b. Un motivo per restare? Tutt’al piú suggerirei un motivo per tornare: trasmetti la tua esperienza ai conterranei piú giovani.

5. Il tuo luogo d’origine è stato motivo di discriminazione o vantaggio?
Dissimulo il piú possibile il mio accento, ma non faccio mai mistero di essere siciliano. La gente a volte si stupisce. Sarà per questo che non sono stato ancora vittima nemmeno delle piú bonarie delle battute.

6. Che lingua (o dialetto) vorresti che tuo figlio parlasse?
Amo la cultura tedesca, quindi vorrei che mio figlio parlasse tedesco. Se dovessi scegliere però tra le varianti regionali dell’italiano, il toscano senza dubbio (gl’«indigeni», qui, sono cosí incredibilmente espressivi e spontanei!).

7. Ogni quanto tempo torni a casa? Scegli il treno, l'aereo o cos'altro?
Tornerei a casa il meno possibile, questo è sicuro. In aereo o in corriera? Forse è meglio quest’ultima. (Meno noie per i bagagli.)

8. Finiti gli studi pensi di ritornare nella tua città?
Lo deciderà il mercato: per sopravvivere potrei esser costretto a tornare e riprendere l’attività di mio padre. Non è certo quel che voglio… ma francamente, se dipendesse da me, non farei ritorno nemmeno per insegnare.

9. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?
Già cosí è una bella città, ma tornerebbero utili piú marciapiedi.

10. Primo approccio con i tuoi colleghi universitari. In confronto ad essi come ti è sembrata la tua preparazione?
Provo a tener testa, ma coi normalisti non c’è niente da fare. A ogni modo, essere a contatto con colleghi tanto preparati è stata un’opportunità di confronto che non avevo previsto, e che auguro a tutti.

11. In quanto tempo pensi di trovar lavoro una volta terminati gli studi?
Realisticamente? Parecchio tempo.

12. Qual è il tuo parere in merito alla lettera del direttore della Luiss Carli scritta al proprio figlio? Hai intenzione di avere un esperienza all'estero nel corso della tua carriera da studente?
L’Italia di oggi è il risultato di sviluppi secolari di economia e cultura: i bassi salari e l’ingiustizia sociale —che s’acuisce scendendo verso mezzogiorno— sono l’esito di una sovrastruttura inadeguata che ha bacato la fase di «socialdemocratizzazione» ascendente, di norma successiva al miracolo economico. Semplificando, uno Stato indebitato piú dal pascolo elettorale che da un sano riformismo e una costellazione di piccole e medie imprese numericamente superiori alle grandi (le uniche che posseggano i capitali per investimenti strategici nella ricerca) lasciano per necessità uno scenario molto povero. Pensateci: di paesi virtuosi e competitivi, come l’Islanda o l’Irlanda, abbiamo assistito a una rapida esplosione del debito pubblico e della disoccupazione. Mete dell’emigrazione d’eccellenza, in ginocchio oggi per gestori di banche «qualificati e meritevoli» e per governi «retti» che ne hanno poi nazionalizzato il debito. O i luccicanti Stati Uniti, che pure pagano cosí bene i ricercatori e che cosí giustamente premiano i capaci, resistono al declino con la guerra e con l’inflazione indotta. No, non questo Paese, non l’Italia: questo mondo non ci merita. Se io vado altrove —se io voglio andare altrove— se io voglio stabilirmi in altri luoghi, è perché io ne amo la Cultura. Nessuna amarezza alla partenza.

Fra i vari aneddoti che dossografi e biografi attribuiscono ai filosofi, ve n’è uno —narratoci da Porfirio— particolarmente adatto alla richiesta d’una fotografia: alla proposta d’un allievo di posare per un ritratto scultorio, il grande Plotino rifiutò recisamente, non accettando che venisse perpetuata un’immagine dell’immagine ch’era già costretto a trascinare.
Concederò dunque la foto dei miei soli strumenti di studio: l’occhio con cui osservo, la mano con cui scrivo, il pensiero fatto inchiostro.


lunedì 3 gennaio 2011

Luana - Al giorno d’oggi niente è sicuro

Oggi parleremo di Luana, una ragazza che come noi tiene un blog su italiane emigrate all'estero. La ringraziamo tra l'altro per averci ospitato sul suo blog che vi invitiamo a leggere.


In questa intervista si parla di:

1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa studi attualmente?
  Salve ragazzi, sono Luana e ho 21 anni, sono nata a Foggia e cresciuta in una cittadina di provincia. Sono iscritta al secondo anno di Comunicazione a Campobasso.

2. Qual è stato il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui hai preso la decisione di partire?   
Dopo il diploma ho cominciato la mia carriera universitaria all’Università di Foggia, mi ero iscritta a Giurisprudenza, ma non mi sentivo appagata, mi annoiavo. Mi sono presa un anno sabbatico e sono andata in America come ragazza alla pari, soprattutto per migliorare il mio inglese. Quando sono tornata ho capito che non volevo diventare avvocato, ma volevo “lavorare” con le parole e così è stato. Senza pensarci troppo su, mi sono iscritta in questa facoltà e ho ricominciato tutto dall’inizio lontano da casa.

3. Ti è stato facile integrarti con una realtà in qualche modo differente? La difficoltà più grossa che hai trovato? 
Sì, sono una molto flessibile, indipendente e mi adeguo a tutto, certo a questo freddo e a tutta questa neve non ero preparata, ma sopravvivo.

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
Motivi per andar via ce ne sono: i lavoro scarseggia e ci sono possibilità di carriera ridotte al minimo, ma la cosa peggiore è la mentalità chiusa e l’ignoranza. Motivi per restare? Mah probabilmente gli affetti, il clima, il buon cibo e il mare.

5. Il tuo luogo d’origine è stato motivo di discriminazione o vantaggio? 
Né l’uno, né l’altro. Molti studenti sono nati in luoghi differenti, quindi c’è un bel misto di culture.

6. Che lingua (o dialetto) vorresti che tuo figlio parlasse? 
Per quel che riguarda le lingue, farò in modo che i miei figli sappiano parlare l’inglese alla perfezione. Il dialetto, quello pugliese, ovviamente.

7. Ogni quanto tempo torni a casa? Scegli il treno, l'aereo o cos'altro?
 
Torno spesso a casa: tutti i week end. C’è un autobus che collega Campobasso con Foggia, quindi è abbastanza conveniente. In quasi due ore sono a casa. Certo, il prossimo semestre sarò più impegnata con i corsi e quindi tornerò più di rado.

8. Finiti gli studi pensi di ritornare nella tua città?  
No, la mia intenzione è andare a Milano per conseguire la Laurea specialistica o per un Master. Con la mia Laurea non ho possibilità nella cittadina dove abito..

9. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?  
Come accennavo prima, mi piacerebbe riuscire a cambiare la mentalità di alcune persone, troppo chiusa, nonostante il 2011 sia alle porte. Solo così si possono costruire città migliori.

10. Primo approccio con i tuoi colleghi universitari. In confronto ad essi come ti è sembrata la tua preparazione?
Mi sono sentita molto preparata nelle lingue straniere. Quasi tutti i miei colleghi parlano davvero poco e male l’inglese, che secondo me è essenziale se vuoi fare qualche esperienza all’estero e arricchire il curriculum.

11. In quanto tempo pensi di trovar lavoro una volta terminati gli studi? 
Bella domanda. Chi può saperlo? Al giorno d’oggi niente è sicuro. Sono certa che dopo dovrò fare molti tirocini, in Italia e all’estero, prima di poter ambire a quello che sogno davvero.

12. Qual è il tuo parere in merito alla lettera del direttore della Luiss Carli scritta al proprio figlio? Hai intenzione di avere un esperienza all'estero nel corso della tua carriera da studente?
Sono d’accordo, ma non perché qui non ci sia possibilità. Ci sono, ma forse è più difficile riuscire a realizzarsi, il posto fisso ormai è un’utopia. Certo detto dal direttore della Luiss al figlio che potrebbe trovare lavoro ad occhi chiusi, solo per il cognome che porta, fa pensare ancora di più e anche un po’ ridere, se penso a tutti quelli che hanno un padre che si ammazza in fabbrica e non il direttore di una delle più prestigiose Università italiane, ma non voglio cadere nel banale.
Io senz’altro ho intenzione di avere altre esperienze all’estero e magari restarci pure a vivere, ma non per odio verso l’Italia, solo per assecondare la mia voglia di indipendenza e di viaggiare, che da sempre influenzano ogni mia decisione.
Grazie mille ragazzi per questa opportunità. In bocca al lupo per tutto.


mercoledì 29 dicembre 2010

Giuseppe - Occorre saper cogliere i particolari...

In questa intervista si parla di:

1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa studi attualmente?
  Giuseppe, ho 25 anni e sono nato a milazzo. Ho appena terminato l'abilitazione come biologo.

2. Qual è stato il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui hai preso la decisione di partire?   
Sono partito perchè sapevo, da informazioni che avevo raccolto da studenti che frequentavano l'università in sicilia o in calabria e da gente che in qualche modo aveva contatti con le università, che le strutture universitarie erano davvero scadenti (in particolar modo per delle facoltà come la mia), la formazione spesso non era delle migliori ed il rapporto con i professori era difficile. Queste motivazioni mi hanno fatto pian piano pensare ad andare via dalla mia città e cercare qualcosa di meglio. Queste sono state le basi che mi hanno portato a cercare e scoprire le altre realtà distanti da casa e quando ho letto piani di studio e metodi didattici di altre università del nord italia mi sono subito convinto che potesse essere la giusta scelta, li ho contattati ed in brevissimo tempo mi hanno risposto dandomi tutte le informazioni che volevo, vista la disponibilità e il dettaglio del piano di studi la scelta è stata naturale.

3. Ti è stato facile integrarti con una realtà in qualche modo differente? La difficoltà più grossa che hai trovato? 
All'inizio è stato difficile ma la fortuna ha voluto che incontrassi le persone giuste, persone come me che stavano vivendo una nuova realtà, questo ha portato alla nascita di solide amicizie che hanno reso l'integrazione molto facile. La difficoltà più grossa che ho trovato è stata quella del metodo di studio che era molto differente da quella adottata da me fino a quel momento, il capire il vero obiettivo dello studio mi ha aiutato a comprendere come meglio studiare. 

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
 Un buon motivo per lasciare la città è quello di avere una possibilità di arricchirsi SENZA limitazioni in realtà che sanno e che offrono stimoli e supporti migliori. Il motivo per restarci, a parte la lontananza dalla famiglia e dagli amici d'infanzia, sinceramente non ne vedo (questa è la mia esperienza almeno).

5. Il tuo luogo d’origine è stato motivo di discriminazione o vantaggio? 
Nè motivo di discriminazione nè di vantaggio. Semplimente ci si rende conto che, confrontandosi con coetani di altri luoghi, si è differenti e simili su molti aspetti, occorre saper cogliere i particolari che ci danno motivo di crescita e razionalizzare nel modo giusto i particolari che ci penalizzano.

6. Che lingua (o dialetto) vorresti che tuo figlio parlasse? 
L'inglese.

7. Ogni quanto tempo torni a casa? Scegli il treno, l'aereo o cos'altro?
 
Tre volte l'anno ed uso l'auto.

8. Finiti gli studi pensi di ritornare nella tua città?  
Ho già finito gli studi comunque non sarei tornato nella mia città d'origine. Le significative realtà lavorative purtroppo sono solo da roma in su, in particolar modo nel mio settore.

9. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?  
Non è una risposta semplice ma credo che cambierei l'università, farei in modo che i ragazzi non debbano abbandonare la loro terra per avere delle offerte universitarie migliori.

10. Primo approccio con i tuoi colleghi universitari. In confronto ad essi come ti è sembrata la tua preparazione?
  Mi vien da ridere, mi sembrava davvero di venire da un altro mondo. Mi son reso conto di avere una preparazione molto diversa e per molti aspetti peggiore. Volontà. Ho dovuto fare tanti sacrifici per poter allinearmi agli standard di preparazione che occorreva avere per rimanere al passo degli studi universitari.

11. In quanto tempo pensi di trovar lavoro una volta terminati gli studi? 
Non ho idea, la maggior parte dei miei colleghi subito dopo aver terminato gli studi ha trovato qualcosa da fare, spero in breve tempo. La voglia e la passione non mancano, speriamo di trovare qualcuno che creda in me.

12. Qual è il tuo parere in merito alla lettera del direttore della Luiss Carli scritta al proprio figlio? Hai intenzione di avere un esperienza all'estero nel corso della tua carriera da studente?
Penso che vista la "magnifica" offerta che il nostro paese ci offre, l'estero sia la scelta migliore ma non tutti siamo disposti ad andare via dalla nostra terra anche se abbiamo tanta voglia di crescere e dedicarci al lavoro al quale abbiamo dedicato tante ore di studio. Non ho fatto esperienze all'estero per mia scelta ma se avessi voluto una formazione più completa avrei dovuto dedicare almeno 6 mesi ad attività fuori dall'italia.

venerdì 24 dicembre 2010

Partire è cambiare

E' natale. Manca qualche ora, ma per noi emigrati è già natale da un pò. Siamo tornati a casa, spero che davvero tutti siano tornati a casa. Pasqua, Estate e Natale: le feste "comandate". Se potessi vedere i movimenti di noi giovani dall'alto di un satellite, come in questa foto che fa da sfondo al blog, credo proprio che vedrei una massa di giovani che sale su verso il Sud ritornando dalle proprie famiglie. Come uno stormo di uccelli che migra. In aereo, qualcuno in treno. Chissà quanti di noi sono rimasti intrappolati dalla neve anche solo per qualche ora, quanto avete "sofferto" per tornare a casa? Ho un amico che si è fatto su un sedile un pò sporco (non una cuccetta con delle lenzuola di carta, quello è un lusso...) sedici ore di treno, un'ora di aliscafo e poi quattro ore di auto. Per tornare a casa.
Tornare a casa. Scappiamo tutti appena possiamo, verso un futuro migliore, verso il Nord. Ma quando i giorni di vacanza si susseguono a lungo siamo tutti pronti a risalire l'italia per rientrare nei nostri caldi nidi. E' solo lì che ci sentiamo veramente al sicuro, ed è lì che segretamente vorremmo tornare ad ogni difficoltà che ci troviamo davanti. Ma ogni uccello, per quanto piccolo e indifeso sia, sa che bisogna uscire dal proprio nido per poter imparare a volare. E quante volte dopo esser caduti avremmo voluto risalire sul nido e restarci ancora un altro po'. Ma questo non ci è più permesso, non si può più rimettere dentro il dentifricio una volta che sta sullo spazzolino. Certe cose sono proprio irreversibili. Ognuno di noi lo sa. Torniamo a casa con gli occhi dello stesso colore: ma non vediamo più niente come prima. Il cuscino di casa è diventato improvvisamente scomodo, ma adesso il cibo della mamma è ancora più buono. E poi mille sfumature della città che non si sono mai colte, la mentalità della gente del paese appare diversa. Partire è cambiare. Una volta che si aprono le ali fuori dal nido cambiamo. Conosceremo nuova gente, nuove piazze e nuove abitudini. Ci faranno il test della "cadrega" e tenteremo di spiegare le espressioni dei nostri dialetti con lunghe perifrasi per concludere alla fine che non si può proprio tradurre in italiano. E quando torniamo a casa racconteremo ai nostri amici del come i mezzi pubblici siano precisi al minuto, e poi di come è soffice la neve. E che tutti in stazione centrale corrono anche se sono in orario e che si, al Nord, le ferrovie sono una valida alternativa ai mezzi privati.
Per concludere che è diversamente interessante, ma ne è valsa la pena uscire dal nido. Quant'è bello tornare a casa, e quant'è bello fare nuovi viaggi. Il tutto impreziosito da un pò di lamentele e da qualche piccola botta.

Non mi è mai piaciuto fare gli auguri a comando, questo post spero vi basti :)

lunedì 20 dicembre 2010

Zaira - Andar via dall'Italia non è solo una scelta...

1. Nome? Anni? Luogo di nascita? Cosa studi attualmente?
Zaira. Non si chiedono gli anni alle donne, vabbè dai, 30 anche se ancora non mi sono abituata a questo numero. Studio Photography and Urban Culture a Londra

2. Qual è stato il vero motivo della tua partenza? Vorresti raccontarci il momento in cui hai preso la decisione di partire? 
Il motivo della mia partenza è stata la mancanza di stimoli, la voglia di crescere, di migliorarsi, di non accontentarsi, la curiosità, la voglia di mettersi in discussione. Ho lasciato un lavoro in un call center dopo 8 anni, lavoro che chi lo ha si ritiene fortunato perchè  a tempo indeterminato, con tutte le sicurrezze del caso, tranne la possibilità di crescere professionalmente e di sentirsi realizzati. Ho lavorato durante l'università e questo mi ha permesso di vivere da sola, ma dopo la laurea non mi bastava più. Tanti ragazzi come me hanno smesso di sognare dentro un call center. Ma sai che c'è? C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò.

3. Ti è stato facile integrarti con una realtà in qualche modo differente? La difficoltà più grossa che hai trovato?
Si è stata e continua ad essere un'esperienza forte, sapevo delle difficoltà ma viverle giorno per giorno è un'altra storia. La più difficile? Prima di tutto la lingua, all'inizio non riesci ad esprimerti ma solo a comunicare, è davvero limitante. E poi spesso mi ritrovavo a pensare che forse era troppo, che mi mancavano le mie sicurezze, una città come Londra è super competitiva, questo può essere uno stimolo ma può anche buttarti giù a volte. 

4. Se dovessi suggerire ad un amico un motivo per lasciare la tua città d'origine e uno per restarci, cosa gli diresti?
Suggerirei di partire per scoprire e conoscersi. Per migliorarsi e magari un giorno tornare professionalmente pronti ad un vero cambiamento. Qui in Inglilterra conoscono l'etica del lavoro, in Italia, soprattutto al sud se lavori duro sei uno sfigato, come quando andavamo a scuola, chi studiava era il secchione, non certo uno degno di stima. Queste cose enivitabilmente ti segnano.
Per restarci? Il mare, il sole, il mangiare, l'amore per la Terra in cui sei nato, ma forse non basta.

5. Il tuo luogo d’origine è stato motivo di discriminazione o vantaggio?
Il mio luogo d'origine non è mai stato discriminante, poi qui a Londra figuriamoci, sanno cos'è il Multiculturalismo e il vivere ogni giorno con tutte le culture del mondo qui è normale. Adoro camminare fra gente di varie culture, è così stimolante. Rispettare gli usi, i costumi, le idee, le religioni diverse è vera apertura mentale, questo processo in Italia aimè è ancora lontano.
Mi sono sentita discriminata perchè insicura della mia preparazione, questo si. Arrivata a University of London dall'Università di Palermo è stato uno shock culturale. 
Il vantaggio è che conosco l'arte dell'arragiarsi. :D

6. Che lingua (o dialetto) vorresti che tuo figlio parlasse?
Italiano - Siciliano - Inglese minimo.

7. Ogni quanto tempo torni a casa? Scegli il treno, l'aereo o cos'altro?
Torno a casa due o tre volte l'anno. Necessariamente aereo, amo e odio la Ryan air. Il call center in cui ho lavorato è proprio l'Alitalia e ho sperato anche chi chiudesse, è difficile e ci vuole coraggio in un paese come il nostro lasciare un lavoro così, non è giusto, ci meritiamo di più.

8. Finiti gli studi pensi di ritornare nella tua città?
Spero di tornare a Palermo. Ma in questo momento se tornassi in Italia sarebbe per protestare. 

9. Se avessi il potere di cambiare una sola cosa nella tua città cosa cambieresti?
Cambierei la mentalità delle persone. Ognuno pensa solo a se e non si riesce a guardare oltre il proprio naso. 

10. Primo approccio con i tuoi colleghi universitari. In confronto ad essi come ti è sembrata la tua preparazione?
A livello accademico io ero inferiore, non avevo mai scritto, qui in Inglilterra si scrive molto, vogliono le tue idee, un modo completamete diverso ma che apprezzo molto.

11. In quanto tempo pensi di trovar lavoro una volta terminati gli studi?
Qui a Londra sto già lavorando contemporaneamente agli studi nel campo che mi interessa. In Italia non credo sarà facile. 

12. Qual è il tuo parere in merito alla lettera del direttore della Luiss Carli scritta al proprio figlio? Hai intenzione di avere un esperienza all'estero nel corso della tua carriera da studente?
Purtroppo condivido amaramente il pensiero di Carli. Sono un'emigrata e so che se avessi trovato una società diversa a casa mia non avrei pensato di costruire fuori, il punto ormai è che andar via dall'Italia non è solo una scelta, ma spesso un'imposizione dettata dalla propria coscienza. Non ci sto e me ne vado. Non metto in un angolo la mia vita,le mie aspettative, la voglia di non accontentarsi di una misera vita, decido di lottare e di andare a cercare altrove quello che mi merito. E questo per me non è scappare, non è facile farsi la valigia a 28 anni come ho fatto io, mentre traslocavo era come togliersi pezzi vitali del mio corpo, ho sofferto e soffro ancora molto. Ma alla maggior parte dei miei coetanei sembra andar bene così. Profonda tristezza e rabbia.


 
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