Manifesto

Raccontare perché è nato questo blog è semplice. Ciò che ci ha spinto a impegnare il nostro tempo in questa attività coincide con le difficoltà che affrontiamo ogni giorno.
Gli autori di questo blog sono due. In realtà sono un’infinità, qualche milione di giovani pieni di speranze. E una per una, uomini o donne che siano, ovunque si trovino, ognuna di queste persone ha una storia da raccontare. Una storia che non è mai noiosa, mai priva di scelte difficili e che spesso amplifica oltremisura le ambizioni. Le ambizioni di noi emigrati italiani.
Gli emigrati italiani: persone che inseguono un obiettivo che per svariate ragioni li porterà lontane dai luoghi in cui hanno sperato e sognato nuovi orizzonti.
Noi – definiamoci pure autori ad honorem – siamo due ragazzi siciliani. Due storie profondamente diverse, ma con un identico sogno in tasca. Dopo i primi contatti non proprio amichevoli (uno intimava all’altro di farsi i fatti suoi, l’altro voleva trovare un conterraneo con cui far amicizia) abbiamo vissuto questi tre anni di laurea di primo livello parallelamente. Aiutandoci durante gli esami difficili, scherzando sugli approcci dei milanesi di fronte ai semafori e mangiando granita importata clandestinamente. Finché l’idea di raccontare storie simili alla nostra non è saltata fuori per caso, nel corso di una delle tante lezioni universitarie.
Non lo nascondiamo: non riusciremo a essere oggettivi. Quando i contorni di questo blog cominciavano a essere chiari ci siamo resi conto che i nostri sogni e i nostri timori sarebbero rimasti impressi qui. Vogliamo raccontare storie di ragazzi come noi, ragazzi pieni di speranze e volontà di riuscire.
Non ci limiteremo a coloro che sono emigrati verso il freddo Nord: siamo interessati anche alle ragioni di quegli studenti che sono rimasti al Sud, magari lontani da casa solo qualche centinaio di chilometri, nella speranza di avere successo vicino alla propria terra.
 Noi crediamo che rimanendo al Sud tutto diventa improvvisamente più difficile. Riteniamo che le opportunità che il Nord ci offra sono maggiori, che ne avremmo perse troppe. Non rimpiangiamo la scelta di emigrare, ma è sempre faticoso abbandonare la propria famiglia, i piatti prelibati delle nostre madri e il clima favorevole della nostra terra. Alcuni dicono che chi abbandona la propria terra vive con il “mal di casa” per il resto della propria vita. Partire è morire: è vero. Ma succederebbe a chiunque si allontanasse dalla terra in cui è nato, cresciuto e vissuto.
Ma se questa benedetta terra non ci dà ciò che vogliamo, ma se questa terra non ci dà ciò che ci spetta, che cosa dobbiamo fare? Aspettare che un giorno tutto cambi? Vivere con la speranza di un mondo migliore?
Come molti insegnano, la vita è breve, e se stai ad aspettare, rischi di morire vivendo, morire aspettando. Non resta altro che prendere la propria valigia, quella che ci hanno messo a fianco al letto non appena nati, ed andare via: in fondo ognuno di noi dentro di sé nasce emigrato.

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